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Frutta secca a Natale: una tradizione antica irrinunciabile

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Frutta secca a Natale: una tradizione antica irrinunciabile
20 dicembre 2024
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Il pranzo di Natale nell’immaginario comune richiama alla mente immagini di abbondanza ed opulenza. Grazie all’enorme varietà di cibi che offrono le tradizioni culinarie delle singole regioni, la tavola natalizia viene imbandita con gustose portate che partono dagli antipasti fino ad arrivare agli immancabili dolci. In questa abbondanza c’è sicuramente però un protagonista indiscusso della tavola di Natale italiana, che mette d’accordo il nord ed il sud della penisola: la frutta secca.  

Ma come mai sì mangia la frutta secca a Natale? L’usanza deriva da una tradizione molto antica, risalente all’epoca romana ancor prima che sì festeggiasse il Natale. La frutta secca, per i romani, rappresentava un dessert ideale al termine dei banchetti, ma non solo: sembra infatti che fosse considerata di buon auspicio. In occasione dei matrimoni era usanza spargere di gherigli di noce il pavimento della casa del futuro sposo. La tradizione della frutta secca sì è fatta strada progressivamente anche nelle usanze cristiane, fino a diventare uno degli emblemi del pranzo natalizio.

Il vero motivo per cui si mangia frutta secca a Natale, tuttavia, non è del tutto chiaro e, in proposito, sono state avanzate numerose teorie. 

Tra le più accreditate c’è la teoria legata alla stagionalità della frutta: poichè in inverno è difficile trovare frutta fresca, si usava essiccarla durante la bella stagione per poterla poi consumare anche con l’arrivo del freddo. 

Un’altra teoria molto valida sostiene invece che, essendo la maggioranza della popolazione povera, a Natale fosse tradizione scambiarsi come regalo proprio della frutta secca, un bene tutto sommato alla portata di tutti che risultava però un pensiero sempre gradito. Si tratta di un’usanza che si è mantenuta a lungo nel tempo, tanto che ancora oggi è consuetudine regalare cesti natalizi contenenti, tra gli altri prodotti alimentari, anche frutta secca.

Che si tratti di una tradizione povera o di un retaggio dei lussuosi banchetti romani, la frutta secca rappresenta comunque una portata imprescindibile nella tavola natalizia. Non bisogna poi dimenticare che la frutta secca può essere consumata in molti modi: al naturale oppure come ingrediente principale di molti dolci della tradizione, dal panforte al panpepato fino al torrone. La frutta secca può essere protagonista anche di piatti più moderni e innovativi, come l’arrosto alle nocciole o le lasagne ai pistacchi.

Ma quanta se ne può mangiare?
L’usanza vuole che la frutta secca si spizzichi una volta giunti quasi al termine del pranzo di Natale; nel napoletano, addirittura, il cesto di frutta secca portato in tavola a Natale si chiama “o passatiempo”, cioè “il passatempo”, termine dal quale è facile intuire che spesso non ci si dà un limite per la porzione da consumare durante le festività natalizie. Tuttavia, occorre tenere presente che la frutta secca, per quanto numerosi studi concordino nell’affermare che faccia bene alla salute, è molto calorica e quindi non se ne dovrebbe abusare. 

I nutrizionisti raccomandano di non superare i 30 gr di frutta secca a pasto, che corrisponde a circa 5 noci o 20 nocciole o mandorle e, nel caso della frutta disidratata, a non più di 3 datteri o fichi. Stesso discorso vale per i dolci a base di frutta secca: un pezzo di torrone o di croccante, per esempio, apporta circa 145 kcal. 

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