Digiuno intermittente: tutta la verità sugli effetti di questo regime alimentare.
L’ “Intermittent Fasting” prevede l’alternanza di periodi più o meno lunghi di digiuno ad altri di ipernutrizione. Non necessariamente la fase di digiuno consiste in una totale assenza di cibo, quindi è più corretto dire che c’è alternanza tra fasi di sovralimentazione e fasi di restrizione calorica.
Da sempre si predica la buona regola di non saltare i pasti e di frazionare l’alimentazione in 3 pasti principali e 2 spuntini, in quanto è uso comune attribuire al digiuno una connotazione negativa: ad esso si associano sensazioni di stanchezza, di debolezza e di offuscamento mentale.
In realtà quando si mangia meno spesso, si attivano dei meccanismi metabolici capaci di incrementare la forza e la resistenza alla fatica e allo stress fisico che l’uomo moderno ha ereditato dagli ominidi, sicuramente adattati ad un consumo di cibo più rarefatto di quello a cui noi siamo abituati.
Il digiuno intermittente è un regime alimentare che quindi si adatta perfettamente ai ritmi di vita di chi ha un lavoro con orari “normali”: di giorno c’è restrizione calorica che permette di tenere alta l’attenzione, mentre di sera, quando tipicamente si ha il tempo di mangiare con calma, è previsto il pasto principale.
Un altro vantaggio del digiuno intermittente è il miglior funzionamento dell’ormone adiponectina, molecola che induce un forte effetto lipolitico dei grassi di deposito. Quando cessa la fornitura di glucosio dal glicogeno immagazzinato nel corpo, il metabolismo passa da brucia-zuccheri a brucia-chetoni. Questo accade perchè aumenta l’ossidazione degli acidi grassi mobilizzati dalle scorte del tessuto adiposo con la conseguente produzione di corpi chetonici, che iniziano ad essere utilizzati dalle cellule come fonte di energia al posto degli zuccheri.
Mangiare più pasti nell’arco della giornata aiuta sicuramente a controllare meglio l’appetito, riducendo il senso di fame, però in questo modo il corpo riceve continuamente nutrimento e “disimpara” ad usare le proprie scorte energetiche.
Il digiuno intermittente favorisce dunque un miglioramento della composizione corporea, riducendo la massa grassa e di conseguenza eventuali rischi per la salute quali: ipercolesterolemia, insulino-resistenza, ipertensione. ll rilascio di chetoni nel flusso sanguigno aiuta anche a preservare la funzione cerebrale, a proteggere da attacchi epilettici, deterioramento cognitivo e altre malattie neurodegenerative.
Il digiuno intermittente può sia prevenire che invertire il diabete di tipo 2, che ha origine nell’insulino-resistenza, poichè induce la riduzione dell’insulina e il miglioramento della sensibilità all’insulina stessa; aumenta la longevità proprio grazie alla normalizzazione della sensibilità all’insulina e anche grazie all’inibizione del percorso TOR, che gioca un ruolo importante nel processo di invecchiamento; infine è collegato alla riduzione dello stress ossidativo e dell’infiammazione.
E’ importante, però, sottolineare che non tutti possono praticare questo tipo di intervento dietetico e sicuramente si tratta di un protocollo alimentare che richiede l’assistenza di un professionista che verifichi che, nonostante la restrizione calorica, non si creino carenze o pericolosi squilibri elettrolitici.
Il digiuno intermittente è assolutamente controindicato durante la gravidanza e l’allattamento, in soggetti con problemi tiroidei, in soggetti con diabete di tipo I trattati con insulina, e ovviamente è sconsigliato in tutti i soggetti che soffrono di disturbi del comportamento alimentare.
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